sabato 4 agosto 2007

Le vite degli altri

Le vite degli altri: un film drammatico e cupo ambientato nella Berlino Est del 1984, la cui protagonista quasi assoluta è la Stasi, la Polizia di Stato che vi dominava in quel difficile ed oscuro periodo. La Stasi che controllava da vicino, con inflessibile costanza e precisione le vite degli altri, appunto, cioè delle persone sospettate di avere compromettenti rapporti con la Germania ovest, con la sua gente, con le sue istituzioni e, soprattutto, con la sua politica. La Stasi a cui nulla sfuggiva, impersonata dagli ambigui individui delle sue gerarchie, tra cui il Capitano Gerd Wiesler ed il Ministro della cultura Bruno Hempf.

La vicenda trattata in questo film di Florian Henckel Von Donnersmarck è l’indagine “Laslo”, ossia l’inchiesta sullo scrittore di teatro Georg Dreyman, apparentemente sospettato di nascondere una sotterranea ribellione al regime. In realtà politica ed interessi personali si intrecciano in questo riflessivo film che scuote e tocca, pur senza esagerare con la presenza di forti scene. La violenza del film, infatti, non è dovuta alle scene, ma a ciò a cui esse fanno pensare, alle domande che ti pongono di fronte, a cui, forse, con sincerità non sai rispondere. Questo bel film, molto apprezzato da critica e pubblico, è anche la storia di un amore che muore perché non resiste alle pressioni del potere, del fallimento dell’ispirazione artistica in assenza delle libertà personali, di un’amicizia ritrovata perché si è capita dentro di sé la verità, e la strada giusta da seguire. È la storia di gente come noi, più sfortunata di noi, persone fragili ed indifese a cui viene tolta la possibilità di essere felici, troppo combattute e provate dagli eventi per poter sopravvivere, e di altri che invece trovano una sorgente pura da cui attingere nuove invincibili forze per ribellarsi, per non lasciarsi andare, per ricominciare a vivere in modo degno, senza più lasciarsi schiacciare.



È un film etico, politico non solo nel senso di informazione e di denuncia, ma anche nel senso ormai quasi perduto in cui la intendevano i Greci: nel senso, appunto, di far ragionare, riflettere, pensare. Vi viene svelato il male della vita, che non è felice favola, ma dura prova.Tutti i personaggi, tra i quali l’attrice di teatro Christa Maria Sieland, la donna amata dallo scrittore, che con lui convive e gli altri amici idealisti del suo ambiente, sono ben delineati, quasi dipinti a tuttotondo, nella loro sfuggente ambiguità, nel conflitto interiore tra purezza e salvezza, nelle loro contraddizioni tra volontà ed azione, nelle sfumature dei loro pur forti sentimenti.

Questa storia dimostra, inoltre, che nonostante lo squallore, la tragedia (in quegli anni, infatti, altissimo era diventato il numero dei suicidi, per l’invivibilità del Paese, per l’impossibilità di esservi ancora artisti, di mantenere ancora vivi sentimenti buoni, puri), c’è sempre un barlume di speranza, di possibilità di riscatto e di salvezza, qui colta, nel finale, dal Capitano Wiesler e da Georg Dreyman.

È un film quasi interamente ambientato in interni, dove si respira un senso di chiusura e di oppressione, come nell’ottocentesco salotto dei drammi ibseniani, luogo costrittivo, quasi di tortura. Un’atmosfera lugubre si respira anche nei tristi esterni, strade poco frequentate e grigie, in giorni di pioggia e di nebbia, naturalmente metaforici. In questo film lento e pausato, acuto e profondo, pieno di silenzi e di parole pesanti come macigni, vi sono molti primi piani, riprese ravvicinate o affrontate, per sottolineare il clima di scontro e la fine dei sogni, in quella città dove il pericolo aleggia ovunque.Altri simboli del film sono la parola “pubblico”, la “Sonata per anime buone”, che distinguerà nel finale i vinti ed i vincitori, e l’atto del lavarsi sotto la doccia, quasi rito per purificarsi dalle colpe appena commesse.

Bellissimo ed indimenticabile il finale, un lungo fermo immagine del Capitano Wiesler, un uomo stremato, che però ha avuto la forza di cambiare, che perciò può tornare a sorridere sereno perché nonostante tutto ha vinto, salvando una vita ed anche se stesso. Con i suoi bellissimi e profondi occhi azzurri, di nuovo pieni di luce, può ancora guardare avanti, verso un futuro migliore, siglato dalla storica caduta del Muro di Berlino.
Simona Carrera

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Completamente sbagliato.
la storia non e' una storia d'amore e il protagonista quasi assoluto non e' la Stati o lo scrittore.

"le vite degli altri" sono le vite che vede il protagonista reale, lo spione del manifesto: e' lui che vive il processo di evoluzione dell'eroe drammatico, passando da cattivo e spietato a "eroe" comprensivo e sfigato.

Andrea

Anonimo ha detto...

E' davvero un capolavoro..gli occhi blu,celano appena una bonta' d'animo infinita..mi sono emozionato tanto.