martedì 27 novembre 2007

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venerdì 23 novembre 2007

Notizie dai Medici Neolaureati Pavia

1 - "Noi non siamo dei 'bamboccioni'": giovani medici in rivolta a Milano contro il Ministro Mussi

Al grido di "Noi non siamo dei 'bamboccioni'" e "Per cercare la meritocrazia, dobbiamo fuggir via", oltre 600 neolaureati in medicina, di cui un centinaio da Pavia, hanno manifestato oggi in camice bianco a Milano in Piazza Cavour contro il decreto che il Ministro Fabio Mussi si accinge a firmare per bandire i concorsi delle scuole di specializzazione di area sanitaria.
In base al testo alla firma del Ministro, per un cavillo burocratico essi verrebbero esclusi dalla possibilità di partecipare alla prova di selezione tutti i medici laureatisi perfettamente in corso nello scorso anno accademico nelle prime sessioni utili, in quanto per solo poche settimane non ancora in possesso del titolo di abilitazione allo svolgimento della professione medica. A tale concorso potrebbero quindi solo partecipare gli studenti laureatisi fuori-corso negli anni precedenti e tutti i respinti ai concorsi precedenti.
"Non comprendiamo quali siano le motivazioni che abbiano spinto il Ministro Mussi, che in queste settimane si è dimostrato sordo alle richieste dei neolaureati, a prendere una tale decisione ", afferma il dott Massimo Slavich, neolaureato in Medicina e Chirurgia perfettamente in corso e con 110 e lode. Continua in dott. Giovanni Coppi (neodottore con110 e lode e menzione onorevole accademica): " Sebbene mettere ordine ai concorsi di ammissione per le scuole di specializzazione sia sicuramente una priorità, il provvedimento ministeriale nella presente forma penalizza pesantemente i futuri medici più meritevoli e capaci, che dovrebbero attendere almeno un anno per i concorsi futuri. Numerosi neolaureati, molti dei quali con pieni voti assoluti e lode, hanno già manifestato la loro intenzione di concorrere in altri paesi dell'Unione Europea o negli Stati Uniti, per non perdere ulteriore tempo in un già lungo percorso di formazione professionale ".
Contro questo assurdo provvedimento e a sostegno dei medici neolaureati si stanno mobilitando la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) e la Conferenza Permanente dei Presidi e Presidenti di Consigli di Corso di Laurea di Medicina e Chirurgia (riunita al momento a Roma e che ha già espresso parere estremamente negativo sul testo alla firma del Ministro).
I giovani medici chiedono quindi nuovamente al Ministro Mussi di modificare il provvedimento di bando dei concorsi per le scuole di specializzazione al fine di permettere anche ai neolaureati meritevoli di prenderne parte. " La firma del decreto nella presente forma porterebbe con sé un unico messaggio: l'unica via che i giovani e brillanti cervelli italiani possono percorrere per trovare premiata la meritocrazia e l'eccellenza è la fuga all'estero " concludono i referenti dei nuovi medici.

2 - Giustizia è fatta Il Ministro Mussi ascolta le ragioni dei neo-laureati

Giustizia è fatta. Il Ministro Mussi ascolta le ragioni dei neo-laureati. Federspecializzandi esprime soddisfazione per il risultato ottenuto. Le numerose manifestazioni dei neo-laureati e le prese di posizione della C.R.U.I., della Conferenza Unificata dei Presidi e dei Presidenti di C.C.L. di Medicina hanno fatto si che il Ministro Mussi in conferenza stampa comunicasse che i neo-laureati di Luglio e Ottobre 2007 non verranno esclusi dal Bando di Specializzazione 2007/2008.
A seguire il comunicato stampa del MUR: Il Ministro dell'Università e della Ricerca, on. Fabio Mussi, ha emesso oggi i seguenti decreti: - con un primo decreto, ha fissato al 6 febbraio 2008 l'esame di abilitazione alla professione medica; - con un secondo decreto, ha fissato al 10 marzo 2008 l'avvio dei corsi di specializzazione in Medicina e Chirurgia. Il Ministro ha anche presentato un emendamento alla legge Finanziaria, con il quale si prevede che, dal prossimo anno accademico, 2008-09, agli esami di ammissione alle scuole di specializzazione potranno partecipare, oltre ai laureati in Medicina e Chirurgia, anche gli studenti iscritti all'ultimo anno di corso di laurea in regola con gli esami. E gli studenti fuori corso che abbiano sostenuto tutti gli esami. In ogni caso, la laurea, ove non già posseduta, e l'abilitazione alla professione dovranno essere conseguite entro la data di avvio dei corsi di specializzazione.
Roma, 22 novembre 2007


giovedì 15 novembre 2007

I Blogger E Gli Ottuagenari

Eccomi qua a correlare l'articolo di Novembre con i promessi link riguardanti i Blog e la legge Levi-Prodi. Prima una rapida carrellata di wiki per informazioni generali, poi i link veri e propri: dalla descrizione della legge Levi-Prodi al Blog di Beppe Grillo.

Il Triangolo Nero

Introduzione Di Maria Luisa Fonte
Vi propongo questo manifesto che parla della situazione attuale per quanto riguarda Rom e stranieri in genere. A mio parere stiamo andando incontro a una specie di xenofobia di massa pilotata dai media e dalle forze politiche. Sarebbe bello, invece, andare a ricercare i fatti, vedere ciò che è la realtà e non proporre la visione superficiale da uno dei milioni di minuscoli punti di vista. Sarà presunzione, ma almeno noi, nel piccolo del nostro giornale, lo possiamo fare. Il manifesto è firmato da parecchi, dateci un'occhio. Ho trovato anche questo frammento che mi è piaciuto molto e ve lo riporto:


"Ti offro questi dati affinché niente muoia, né i morti di ieri, né i resuscitati di oggi. Voglio brutale la mia voce, non la voglio bella, non pura, non di tutte le dimensioni.La voglio lacerata da parte a parte, non voglio si diverta, perché parlo infine dell'uomo e del suo rifiuto, del suo marcio quotidiano, della sua spaventosa rinuncia. Voglio che tu racconti."
Frantz Fanon


IL TRIANGOLO NERO
Violenza, propaganda e deportazione.
Un manifesto di scrittori, artisti e intellettuali contro la violenza su rom, rumeni e donne*

La storia recente di questo paese è un susseguirsi di campagne d'allarme, sempre più ravvicinate e avvolte di frastuono. Le campane suonano a martello, le parole dei demagoghi appiccano incendi, una nazione coi nervi a fior di pelle risponde a ogni stimolo creando "emergenze" e additando capri espiatori.
Una donna è stata violentata e uccisa a Roma. L'omicida è sicuramente un uomo, forse un rumeno. Rumena è la donna che, sdraiandosi in strada per fermare un autobus che non rallentava, ha cercato di salvare quella vita. L'odioso crimine scuote l'Italia, il gesto di altruismo viene rimosso.

Il giorno precedente, sempre a Roma, una donna rumena è stata violentata e ridotta in fin di vita da un uomo. Due vittime con pari dignità? No: della seconda non si sa nulla, nulla viene pubblicato sui giornali; della prima si deve sapere che è italiana, e che l'assassino non è un
uomo, ma un rumeno o un rom.
Tre giorni dopo, sempre a Roma, squadristi incappucciati attaccano con spranghe e coltelli alcuni rumeni all'uscita di un supermercato, ferendone quattro. Nessun cronista accanto al letto di quei feriti, che rimangono senza nome, senza storia, senza umanità. Delle loro condizioni, nulla è più dato sapere.
Su queste vicende si scatena un'allucinata criminalizzazione di massa. Colpevole uno, colpevoli tutti. Le forze dell'ordine sgomberano la baraccopoli in cui viveva il presunto assassino. Duecento persone, tra cui donne e bambini, sono gettate in mezzo a una strada.

E poi? Odio e sospetto alimentano generalizzazioni: tutti i rumeni sono rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i ladri e gli assassini devono essere espulsi dall'Italia. Politici vecchi e nuovi, di destra e di sinistra gareggiano a chi urla più forte, denunciando l'
emergenza. Emergenza che, scorrendo i dati contenuti nel Rapporto sulla Criminalità (1993-2006), non esiste: omicidi e reati sono, oggi, ai livelli più bassi dell'ultimo ventennio, mentre sono in forte crescita i reati
commessi tra le pareti domestiche o per ragioni passionali. Il rapporto Eures-Ansa 2005, L'omicidio volontario in Italia e l'indagine Istat 2007 dicono che un omicidio su quattro avviene in casa; sette volte su dieci la vittima è una donna; più di un terzo delle donne fra i 16 e i 70 anni
ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, e il responsabile di aggressione fisica o stupro è sette volte su dieci il marito o il compagno: la famiglia uccide più della mafia, le strade sono spesso molto meno a rischio-stupro delle camere da letto.
Nell'estate 2006 quando Hina, ventenne pakistana, venne sgozzata dal padre e dai parenti, politici e media si impegnarono in un parallelo fra culture. Affermavano che quella occidentale, e italiana in particolare era felicemente evoluta per quanto riguarda i diritti delle donne. Falso: la violenza contro le donne non è un retaggio bestiale di culture altre, ma cresce e fiorisce nella nostra, ogni giorno, nella costruzione e nella moltiplicazione di un modello femminile che privilegia l'aspetto fisico e la disponibilità sessuale spacciandoli come conquista. Di contro, come testimonia il recentissimo rapporto del World Economic Forum sul Gender Gap, per quanto riguarda la parità femminile nel lavoro, nella salute, nelle aspettative di vita, nell'influenza politica, l'Italia è 84esima. Ultima dell'Unione Europea. La Romania è al 47esimo posto.

Se questi sono i fatti, cosa sta succedendo? Succede che è più facile agitare uno spauracchio collettivo (oggi i rumeni, ieri i musulmani, prima ancora gli albanesi) piuttosto che impegnarsi nelle vere cause del panico e dell'insicurezza sociali causati dai processi di globalizzazione. Succede che è più facile, e paga prima e meglio sul piano del consenso viscerale, gridare al lupo e chiedere espulsioni, piuttosto che attuare le direttive europee (come la 43/2000) sul diritto all'assistenza sanitaria, al lavoro e all'alloggio dei migranti; che è più facile mandare le ruspe a privare esseri umani delle proprie misere case, piuttosto che andare nei luoghi di lavoro a combattere il lavoro nero.

Succede che sotto il tappeto dell'equazione rumeni-delinquenza si nasconde la polvere dello sfruttamento feroce del popolo rumeno. Sfruttamento nei cantieri, dove ogni giorno un operaio rumeno è vittima di un omicidio bianco. Sfruttamento sulle strade, dove trentamila donne rumene costrette a prostituirsi, metà delle quali minorenni, sono cedute dalla malavita organizzata a italianissimi clienti (ogni anno nove milioni di uomini italiani comprano un coito da schiave straniere, forma di violenza sessuale che è sotto gli occhi di tutti ma pochi vogliono vedere). Sfruttamento in Romania, dove imprenditori italiani - dopo aver "delocalizzato" e creato disoccupazione in Italia - pagano salari da fame ai lavoratori.

Succede che troppi ministri, sindaci e giullari divenuti capipopolo giocano agli apprendisti stregoni per avere quarti d'ora di popolarità. Non si chiedono cosa avverrà domani, quando gli odii rimasti sul terreno continueranno a fermentare, avvelenando le radici della nostra
convivenza e solleticando quel microfascismo che è dentro di noi e ci fa desiderare il potere e ammirare i potenti. Un microfascismo che si esprime con parole e gesti rancorosi, mentre già echeggiano, nemmenotanto distanti, il calpestio di scarponi militari e la voce delle armi da fuoco.

Succede che si sta sperimentando la costruzione del nemico assoluto, come con ebrei e rom sotto il nazi-fascismo, come con gli armeni in Turchia nel 1915, come con serbi, croati e bosniaci, reciprocamente, nell'ex-Jugoslavia negli anni Novanta, in nome di una politica che
promette sicurezza in cambio della rinuncia ai principi di libertà, dignità e civiltà; che rende indistinguibili responsabilità individuali e collettive, effetti e cause, mali e rimedi; che invoca al governo uomini forti e chiede ai cittadini di farsi sudditi obbedienti.
Manca solo che qualcuno rispolveri dalle soffitte dell'intolleranza
il triangolo nero degli asociali, il marchio d'infamia che i nazisti applicavano agli abiti dei rom. E non sembra che l'ultima tappa, per ora, di una prolungata guerra contro i poveri.
Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti. Non ci appartengono il silenzio, la rinuncia al diritto di critica, la dismissione dell'intelligenza e della ragione. Delitti individuali non giustificano castighi collettivi. Essere rumeni o rom non è una forma di "concorso morale".

Non esistono razze, men che meno razze colpevoli o innocenti.
Nessun popolo è illegale.


lunedì 12 novembre 2007

VOLONTARIATO E GIUSTIZIA

Inblostro, il blog di Inchiostro è lieto di pubblicare un intervento di Vincenzo Andraous

Nei giorni scorsi sono stato invitato come relatore a un corso di formazione di volontariato-giustizia, rivolto ai nuovi volontari che entreranno in un istituto penitenziario a svolgere la loro opera di accompagnamento, divenuta nel tempo fondamentale per il recupero del detenuto, nonché a disegnare gli attuali processi di cambiamento e la molteplicità delle sindromi a rischio.La domanda che più spesso è stata posta: cosa si possa fare per essere maggiormente incisivi, per essere o diventare un volontariato davvero di aiuto.

Per arrestare la deriva carceraria occorrono competenze professionali e capacità comunicative, attraverso la messa in rete, strumento di intervento in cui interagiscono le idee e le intuizioni, che a loro volta diventano terreno fertile per la sperimentazione di innovazioni necessarie a non rimanere fuori dalla porta del tempo, per evitare al carcere un futuro di ulteriore degradazione. Allargando la referenzialità a tutta una collettività attenta, si spingerà il volontariato a presentarsi come una realtà efficace, non frammentata, mai elitaria, bensì autorevole e quindi credibile.

In questa direzione vi è la possibilità di consegnare a quella sorta di terra di nessuno, occasioni e opportunità di cambiamento, certamente richiesti in primis al detenuto, ma allo stesso tempo all’organizzazione penitenziaria, per sostenere quelle modifiche tendenti al superamento delle consuete pratiche del mero contenere, a discapito del recuperare le persone detenute, nella semplicità del confrontarsi sui problemi che alimentano demotivazioni, e spesso rese ingiustificate.

Fare rete significa perseguire obiettivi comuni e condivisi, essere volontariato sottende contrasto all’emarginazione, significa essere voce degli esclusi, perciò assumere fin’anche un ruolo politico: un volontariato autorevole non accetta di svolgere supplenze, né di colmare vuoti istituzionali, perché sarebbero soluzioni di paglia, significa lavorare per una sinergia degli obiettivi comuni costruita sui mattoni della carta costituzionale.

E’ attraverso l’impegno e la collaborazione che sarà possibile smetterla con un dispendio sorprendente di parole truccate, tutte, o quasi, formulate con voce di tuono, per far passare in sordina leggi partorite da buona politica, che però rimangono solo carta scritta.
Forse occorre re-interrogarsi, imparando a credere non più negli acquartieramenti ideologici, ma alla possibilità che attraverso sensibilità diverse si possa giungere allo stesso obiettivo: riconsegnare alla persona un senso, attraverso la storia di un uomo e di una croce, o la storia di tanti altri uomini che lasciano dietro di sé orme e tracce indelebili, alle quali è impossibile sfuggire.

Quando incontro il mondo del volontariato mi viene da pensare ad un sacerdote che non c’è più, Mons. Giuseppe Baschiazzorre, per tanti anni Cappellano del Carcere di Voghera, con la sua straordinaria capacità di essere e continuare a rimanere tra incudine e martello, essere sacerdote tra l’alto e il basso della piramide, essere e rimanere santo di fronte al male, fino a raggiungere il cuore più nero.

Vincenzo Andraous

giovedì 8 novembre 2007

Cominciano le stagionali proteste studentesche in Francia


Da qualche giorno le università francesi sono di nuovo in fermento.
Piccoli gruppi di studenti, definiteli minoranze o avanguardie a seconda dell'ideologia che più vi conviene, hanno iniziato a occupare gli atenei in protesta contro la "
loi Précasse", la legge che prevede una maggiore autonomia (economica e gestionale) per le università, alleggerendo una spesa statale.

Gli studenti, per lo più dei gruppi di estrema sinistra, sono contro questa legge che, secondo loro, potrebbe comportare un aumento delle tasse d'iscrizione, sia portare verso la privatizzazione degli atenei o verso una ricerca strumentale all'industria francese. Inoltre, temono che l'aumento di potere dei rettori, che saranno in grado di attribuire dei premi pecuniari e assumere con contratti a tempo determinato, danneggi lo statuto degli impiegati delle università.

Di fondo ci sono dei valori, come l'importanza dell'uguaglianza delle
chances, la libertà dalla cultura dagli interessi economici.

Certo, la loro rabbia è comprensibile da un certo punto di vista: Sarkozy vuole diminuire le spese statali e, dall'altro, si aumenta lo stipendio del 140%.

Tuttavia, a chi è straniero e conosce un po' l'università francese sorge un dubbio:
gli studenti d'Oltralpe pagano tasse d'iscrizioni bassissime (meno della metà delle tasse italiane), e che hanno tutti circa 100 euro (a volte anche di più) come aiuto economico per gli affitti (senza bisogno di fare domanda agli Edisu e aspettare la valutazione del proprio dossier di reddito e merito). Hanno la consapevolezza che sono già dei previlegiati rispetto ai loro pari età italiani e spagnoli?

[
La soluzione? Trasferiamoci tutti in Francia :D]

Alcune occupazioni sono già state sgomberate, ma si prevede un irrigidimento della lotta nelle prossime settimane. Al momento il seguito del movimento è basso (pensate che a Lione, su 28 mila studenti universitari l'Assemblea generale per l'occupazione ha visto partecipare 500 persone circa). Tuttavia potrebbe aumentare? Diventerà un nuovo
Sessantotto o meglio un nuovo movimento Anti-CPE?

[ nei prossimi giorni, sia qui che sul blog Hic Est Lyon, aggiornamenti sulla materia, con una spiegazione più approfondita della legge e il parere di qualche studente francese,
]

martedì 6 novembre 2007

Addio a Enzo Biagi, maestro delle voci libere


"Scompare con Enzo Biagi - ha scritto il capo dello Stato - una grande voce di libertà. Egli ha rappresentato uno straordinario punto di riferimento ideale e morale nel complesso mondo del giornalismo e della televisione, presidiandone e garantendone l'autonomia e il pluralismo. Il suo profondo attaccamento - sempre orgogliosamente rivendicato - alla tradizione dell'antifascismo e della Resistenza lo aveva condotto a schierarsi in ogni momento in difesa dei principi e dei valori della Costituzione repubblicana".

Così il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rende omaggio al decano dei giornalisti italiani, deceduto questa mattina.

Come studenti e come redattori di Inchiostro ci uniamo a questo saluto e, anche se è poco, ci impegnamo ancora più intensamente a dare forza alle nostre parole e ad alimentare altre voci libere come lo era quella di un grande maestro del giornalismo.