mercoledì 28 febbraio 2007

Fiducia


Tensione alle stelle.
Al Senato si vota la fiducia per chiamata nominale con appello. Allucinante.

Dopo la " non-sfiducia" di Giulio Andreotti ecco la "fiducia a distanza" di Franco Turigliatto".

Pallaro ha votato sì. Quanto sarà costato?
Follini coperto da buuu.
Torniamo alle stalle?

STRADE


Ho visto
La gente della mia età andare via
Lungo le strade che non portano mai a niente





martedì 27 febbraio 2007

Follini: con Prodi, se raddrizza la rotta


Viaggi Italiani



Milano-Pavia. Intercity Plus. Ore 13.10. Giorno 26 febbraio 2007. Prenotazione Obbligatoria.

Tutti “trollaty”. Sempre più grandi. E, ovviamente, lasciano in corridoio, fuori dallo scompartimento. Pesano troppo. Scomodo metterli nel portabagagli. Meglio bloccare il passaggio dei poveri cristi, degli “altri”. Italia, paese del pressapoco.

M.R.

lunedì 26 febbraio 2007

Ammaniti @ Collegio Nuovo

Questa sera lo scrittore Niccolò Ammaniti ("Ti prendo e ti porto via", "Io non ho paura", "Come dio comanda" e tanti altre cose...) sarà a Pavia, al Collegio Nuovo, alle ore 21.

Un'occasione davvero da non perdere per chiunque ami la letteratura.

[il collegio Nuovo è in via Abbiategrasso 404]

domenica 25 febbraio 2007

autostrada Broni-Mortara



(riceviamo e pubblichiamo. L’autore di questo volantino è un rappresentante di una lista civica e l’autrice della mail non fa parte della redazione di Inchiostro. La redazione, in attesa di approfondire l’argomento e farsi un’opinione, ritiene giusto pubblicare il materiale per diritto all’ informazione.)



BRONI-MORTARA:
UN’AUTOSTRADA A CASA TUA! SEI SICURO DI VOLERLA?
- PENSI CHE TI AIUTERA’ MIGLIORANDO LA VIABILITA’?
Sappi che costerà il triplo delle altre autostrade italiane: per fare 50KM pagherai più di 6€. E’ovvio che la maggior parte dei pendolari continuerà ad usare la solita statale (dati documentati da delibera Regione Lombardia)

Un PROGETTO FARAONICO DA 1.069 MILIONI DI EURO che a Te non servirà a niente. Il piano finanziario ed economico è secretato per non turbare la concorrenza, sostengono, concorrenza che invece si basa solitamente sulla competitività trasparente.

- PENSI CHE NON DANNEGGERA’ L’ARIA CHE RESPIRI?
E’ un’autostrada fatta soprattutto PER I CAMION, per trasferire a casa tua traffico pesante dalla zona sud di Milano: passeranno 50.000 veicoli al giorno, il doppio rispetto a oggi.
L’aria che respiri avrà UN LIVELLO DI INQUINAMENTO PEGGIORE DI QUELLA DI MILANO.

- PENSI CHE FAVORIRA’ LO SVILUPPO DEL TERRITORIO?
La dimostrazione che non sarà così è che la A7 MI-GE esiste da 30 anni e non ha portato alcuno sviluppo. Alla Lomellina basterebbero piccole opere molto meno costose per migliorare la viabilità ma che non ARRICCHIREBBERO le Società che vogliono questa autostrada.

-COME MAI NON SEI STATO INFORMATO DAL TUO COMUNE DEL PASSAGGIO DELL’AUTOSTRADA VICINO A CASA TUA?
Ai Sindaci ed ai cittadini non è stato dato il tempo di informarsi adeguatamente e valutare il progetto per poter chiudere nel più breve tempo possibile la Conferenza dei Servizi prima che la gente scoprisse che AVREBBE APERTO LA FINESTRA DI CASA DAVANTI ALL’AUTOSTRADA.

ORA HAI DUE SCELTE:

-SE NON FAI NULLA E’ COME SE SOSTENESSI IL PROGETTO.
-SE INVECE L’AUTOSTRADA NON LA VUOI, ABBIAMO SOLO 2 SETTIMANE PER FARCI SENTIRE.
SE IL 7 FEBBRAIO IL PROGETTO PASSA ALLA CONFERENZA DEI SERVIZI SARA’ TROPPO TARDI.

Spargi la voce il più possibile: è quello che non vogliono.

Partecipa alle iniziative organizzate nel tuo Comune per fare pressione sui Sindaci e pretendi di saperne di più.
info: bronimortara.blogspot.com e-mail: bronimortara@yahoo.it

sabato 24 febbraio 2007

Bis di mortadella per tutti...

...ma speriamo che non si fermino solo all'antipasto!

venerdì 23 febbraio 2007

Le 12 tavole


Zio Romano ha riunito i partiti che piangevano lacrime di coccodrillo. E ha dato loro 12 condizioni per tornare. Eccole:

1. Rispetto degli impegni internazionali e di pace. Sostegno costante alle iniziative di politica estera e di difesa stabilite in ambito ONU ed ai nostri impegni internazionali, derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea e all’Alleanza Atlantica, con riferimento anche al nostro attuale impegno nella missione in Afghanistan. Una incisiva azione per il sostegno e la valorizzazione del patrimonio rappresentato dalle comunità italiane all’estero.

2. Impegno forte per cultura, scuola, università, ricerca e innovazione.

3. Rapida attuazione del piano infrastrutturale e in particolare, ai corridoi europei (compresa la Torino - Lione). Impegno sulla mobilità sostenibile.

4. Programma per l’efficienza e la diversificazione delle fonti energetiche: fonti rinnovabili e localizzazione e realizzazione rigassificatori.

5. Prosecuzione dell’azione di liberalizzazioni e di tutela del cittadino consumatore nell’ambito dei servizi e delle professioni.

6. Attenzione permanente e impegno concreto a favore del Mezzogiorno, a partire dalla sicurezza.

7. Azione concreta e immediata di riduzione significativa della spesa pubblica e della spesa legata alle attività politiche e istituzionali (costi della politica).

8. Riordino del sistema previdenziale con grande attenzione alle compatibilità finanziarie e privilegiando le pensioni basse e i giovani. Con l’impegno a reperire una quota delle risorse necessarie attraverso una razionalizzazione della spesa che passa attraverso anche l’unificazione degli enti previdenziali.

9. Rilancio delle politiche a sostegno della famiglia attraverso l’estensione universale di assegni familiari più corposi e un piano concreto di aumento significativo degli asili nido.

10. Rapida soluzione della incompatibilità tra incarichi, di Governo e parlamentari, secondo le modalità già concordate.

11. Il Portavoce del Presidente, al fine di dare maggiore coerenza alla comunicazione, assume il ruolo di Portavoce dell’Esecutivo.

12. Il coerenza con tale principio, per assicurare piena efficacia all’azione di Governo, al Presidente del Consiglio è riconosciuta l’autorità di esprimere in maniera unitaria la posizione del Governo stesso in caso di contrasto.

Tutti hanno accettato subito. Senza fiatare. Tanta era la paura tornasse Silvio. Troppa Forse. Bene. Bravi. Bis.

Non potevano farlo prima?

Marzio Remus

giovedì 22 febbraio 2007

I cavalieri dell'ideale

[Chi meglio di Michele Serra per commentare le dimissioni di Prodi? Direttamente dal sito di Repubblica, l'Amaca di oggi...
Nota del blogger: Forse non tutti i lettori del blog condivideranno il modo di vedere di Serra, ma spero che l'euforia per la caduta di un governo a loro "poco simpatico" sia tale da non farli troppo arrabbiare. E in tal caso, sempre liberi di commentare :-) ]

SI CAPISCE, uno ha tutto il diritto di coltivare i suoi ideali integerrimi. E di sentirsi eletto dal popolo lavoratore anche se è stato spedito in Senato da una segreteria di partito. Uno ha tutto il diritto di rivendicare purezza e coerenza, così non si sporca la giacchetta in quel merdaio di compromessi e patteggiamenti che è la politica. Però, allora, deve avere l'onestà morale di non fare parte di alcuna coalizione di governo. E deve dirlo prima, non dopo. Deve farci la gentilezza di avvertirci prima, a noi pirla che abbiamo votato per una coalizione ben sapendo che dentro c'erano anche i baciapile, anche i moderatissimi, anche gli inciucisti. A noi coglioni che di basi americane non ne vorremmo mezza, ma sappiamo che se governano gli altri di basi americane ne avremo il triplo.

Invece no: questi duri e puri se ne strafottono della nostra confusione e della nostra fatica. Prima salgono sulla barca della maggioranza, poi tirano fuori dal taschino il loro cavaturaccioli tutto d'oro e fanno un bel buco nello scafo, per meglio onorare la loro suprema coerenza e la nostra suprema imbecillità. Un bell'applauso ai Cavalieri dell'Ideale: tanto, se tornano Berlusconi e Calderoli, per loro cosa cambia? Rimarranno sul loro cavallo bianco con la chioma al vento.

mercoledì 21 febbraio 2007

Recensioni dei lettori: la Ricerca della Felicità

“La ricerca della felicità”. Un film che dà tanto: insegna qualcosa sulla vita di tutti i giorni, regala fortissime emozioni, facendo commuovere, riflettere ed anche ridere di un riso sincero alle spontanee ed ingenue battute del piccolo Christopher.


Questo film realistico, ambientato nell’America degli anni ’80, ci proietta in un rapido viaggio attraverso i luoghi della modernità: la metropoli con le sue mille razze ed i suoi grandi dislivelli sociali. E’ la storia di un uomo che ha perso tutto e lotta con tutta la sua forza ed il suo coraggio per salvare almeno ciò a cui tiene di più: la famiglia. Gabriele Muccino, regista di questo bellissimo film con protagonista Will Smith (Chris, padre di Christopher), ci dona uno sguardo profondo sulla vita e sui sentimenti: l’infelicità, il senso di ingiustizia, di sconfitta, di oppressione, di discriminazione ed i loro contrari. Soprattutto sull’amore, amore immenso per quel figlio che il padre vuol proteggere a tutti i costi, perché il suo sogno è amarlo e renderlo felice e amore per la vita, anche se molto spesso questa è difficile e ci delude.


Scorrevole la storia, che tocca tutti gli aspetti della vita quotidiana (affetti, lavoro, religione) e che non risulta mai troppo stucchevole; bravissimi gli attori, soprattutto il bambino, che parla poco ma esprime una tenerezza infinita solo col suo dolcissimo sguardo; ottima la colonna sonora; ben caratterizzati i personaggi, anche quelli secondari, dei quali è tracciato un rapido ma efficace profilo (i finti amici, i capi instancabili, i colleghi che si credono i migliori, i poveri che diventano ladri per necessità, i raccomandati sul lavoro). Scandiscono i vari tempi del film i titoli pronunciati da Chris (“Questa parte della mia vita si può definire…”) e le bellissime frasi del presidente Thomas Jefferson, una delle quali sottolinea il valore della parola ricerca: la felicità che desideriamo a volte non si può raggiungere, ma l’importante è credere in se stessi e nel proprio progetto, perché si può essere felici anche mentre lo si sta vivendo.

Al centro di questo film vi è il rapporto padre-figlio, già stupendamente trattato da Vittorio de Sica in “Ladri di biciclette”: un rapporto che è un confronto, più spesso un incontro che uno scontro. Perchè è grandissimo l’amore che li lega, un affetto infinito che supera tutti gli ostacoli, anche quello della difficoltà economica, a cui, però, non resiste il rapporto marito-moglie. La grande conquista di Chris è stata quella di essere riuscito a salvare, nascondendo lo squallore e la precarietà della vita sotto le vesti di un gioco divertente, la pura innocenza del bambino, tema già toccato ne “La vita è bella” di Roberto Benigni. In cambio ottiene tutto l’amore del figlio, che continua a reputarlo “un buon papà”. Ricorrenti le immagini della metropolitana e della palla da basket, simboli, rispettivamente, della stanchezza provocata da una vita frenetica, in cui si è soli anche in mezzo alla gente e dell’amore per i sogni che si vogliono realizzare.

Come canta Gianni Morandi: non scoraggiarti, “Uno su mille ce la fa”!
E quello puoi essere tu, perché i miracoli non succedono solo nei film:
questo splendido film è tratto, infatti, da una storia vera.

Simona Carrera

martedì 20 febbraio 2007

Chi intossica i ragazzi

[dal sito de "la Stampa" un bell'editoriale di Luca Ricolfi (segnalato da Marzio)]

Nella vita m'è capitato di conoscere un sacco di persone, non solo ragazzi, che sono sinceramente e entusiasticamente coinvolte in una causa politica. Negli anni scorsi mi è capitato anche, come sociologo, di occuparmi delle «missioni suicide» in Palestina, ossia di quei militanti (laici ed islamici) che si fanno esplodere contro obiettivi israeliani, perlopiù supermercati, ristoranti e autobus; ho imparato tante cose, che non sapevo e neppure immaginavo, e non ho mai smesso di volerne sapere di più. In quel periodo mi è successo varie volte di trovarmi a discutere con giovani e meno giovani che avevano le loro idee sulla causa del popolo palestinese.


Ed è stato proprio in queste chiacchierate, cominciate sempre bene ma finite spesso amaramente, che mi sono accorto di un paio di cose.La prima: chi è impegnato in una causa, specialmente se e proprio perché è in buona fede, non ha nessuna disponibilità ad ascoltare qualsiasi argomento che possa indebolire la causa. La seconda: fra le cose che non si è disposti ad ascoltare ci sono anche le notizie puramente fattuali non appena queste possono anche minimamente scalfire le proprie credenze.

La conseguenza di questo atteggiamento è una completa mancanza di curiosità. Gli eroi della tua causa sono fissati una volta per tutte nel loro mito, e guai a chi ti racconta qualcosa che potrebbe farli vacillare dal loro piedistallo su cui li hai messi.
Questi ricordi mi tornano alla mente oggi, guardando le immagini dei telegiornali e i commenti dei politici. A Roma un corteo porta a spasso tre fantocci impiccati, e poi li brucia: rappresentano un soldato israeliano, uno americano e uno italiano. Nel corteo risuona il triste slogan 10-100-1000 Nassiriya. Parlamentari della maggioranza partecipano al corteo e poi si dissociano. Tutte le maggiori cariche dello Stato, da Napolitano a Marini a Prodi a Bertinotti, esprimono la loro indignazione. I politici che hanno preso parte al corteo condannano, ma dicono che non possono essere considerati responsabili di quel che fanno quattro imbecilli, oggettivamente «nemici» della causa del popolo palestinese.Eh no, cari Diliberto e compagni, qui avete proprio torto, e ha sacrosantamente ragione il vostro presidente del Consiglio quando dice che dissociarsi non basta, e ci vuole «l'impegno a finirla di giocare con la piazza».

Perché lo scandalo non è che ci siano quattro «imbecilli», «teppisti» o «provocatori» (come vi sbizzarrite a chiamarli) che fanno quello che fanno. Lo scandalo è che nessuno degli altri manifestanti li abbia fermati, che non siano stati subissati da una marea di fischi, che non ci siano state decine di interviste a manifestanti che dicono: siamo sconvolti, ci vergogniamo per loro. E lo sapete perché non ci sono? Non ci sono perché ci siete voi, con le vostre analisi a senso unico, con la vostra faziosità, con le vostre cecità, con i vostri sofismi, con la vostra sistematica opera d’ informazione a senso unico.

A voi non interessa affatto sapere come stanno davvero le cose in Palestina, capire di quanti errori - non solo israeliani - è fatta la tragedia di quel popolo, aiutare gli uni e gli altri a parlarsi, come disperatamente e ostinatamente fanno i migliori, i più coraggiosi, i più giusti, i soli veri eroi di entrambi i campi. Se i giovani che guidate nei vostri cortei vi stessero davvero a cuore, cerchereste di non lasciarli intossicare dall'odio e dall'ideologia, come per troppi anni è toccato alla nostra generazione.

Perché loro negli Anni 60 e 70, quando i cortei si entusiasmavano per le «eroiche» lotte di popoli regolarmente finiti in dittature (ricordate il presidente Mao? e l'ayatollah Khomeini?), loro non c'erano. Non c'erano perché non erano ancora nati. Ma noi sì, noi eravamo già nati, ed eravamo piuttosto grandicelli.

Abbiamo già visto quel film.

Come facciamo a non ricordare che anche allora non c'era (quasi) nessuno che andasse a verificare le cose, che avesse voglia di raccontare quel che vedeva, che provasse per un momento a togliersi di dosso le lenti dell'ideologia? Perché su tutto questo non sentiamo il «dovere della memoria»?

Ma a voi queste cose non sembrano importanti. A voi non interessa capire, ascoltare, ragionare.

A voi non sta veramente a cuore il dialogo.

No, a voi interessano solo i vostri giochi politici, mettere il vostro marchio su ciò che vi conviene. Perché se vi interessasse davvero il dialogo - quella magica parola che tirate fuori dal cilindro solo quando i cattivi minacciano un'azione militare - allora vi porreste il problema di cominciare da voi stessi, dai vostri militanti, dalla gioventù idealista che spesso vi segue. Vi sforzereste di riempirli di interrogativi, di curiosità e anche di dubbi. Insegnereste loro che nessuna causa è buona se vi induce a disprezzare la verità, a mentire agli altri e a voi stessi.

Li aiutereste ad avere la mente sul serio libera, l'animo davvero sgombro dall'odio e dai pregiudizi. Gli fareste leggere l'orazione funebre di David Grossman in onore del figlio, morto combattendo una guerra che voi considerate sbagliata.
Gli mostrereste quanto rispetto reciproco, quanto amore, quanta sofferta comprensione possa esserci fra un padre che crede nella pace e un figlio che sente il dovere di servire la patria. Se faceste tutto questo, se non scherzaste cinicamente con l'idealismo dei nostri ragazzi, non ci sarebbero manichini bruciati.

E se anche ci fossero, qualcuno li fermerebbe subito. Ma soprattutto a nessuno verrebbe in mente di chiederne conto a voi.

Link all' articolo

Io "dico" sì [atto II]

Nonostante ritenga che il disegno di legge altro non sia che un timidissimo tentativo e anche piuttosto fasullo, approvo in pieno la questione riguardo ai DICO e per questi motivi.
Se molti ricordano che l'alternativa al matrimonio religioso esiste già ed è il matrimonio civile (come se lo scontro si potesse porre solo tra chiesa-dico) sottolineo che la peculiarità dei DICO è quella di essere una terza via: la convivenza.

Ora basare gran parte delle critiche al disegno di legge su un cavilloso giro di parole che dovrebbe in qualche modo conferire un qualche valore aggiunto al “matrimonio” è quanto mai un obiezione imbarazzante.

Imbarazzante specialmente se la muovono proprio quelli interpretano il matrimonio civile come semplice “formalizzazione degli impegni”. E nella sostanza brutalmente nuda il matrimonio, è per molte persone questo “unione di un uomo e di una donna che si impegnano, davanti a un’autorità civile o ecclesiastica, a una completa comunione di vita nel rispetto dei reciproci diritti e doveri”. Secondo i gusti si può scegliere il vestito….la tradizione lo vuole bianco…

Insomma è questo il “rito” che si sente talmente attaccato dai DICO?

Non sono i sentimenti che devono essere sottoposto ad obblighi coercitivi da nessuna autorità sia questa ecclesiastica o statale a meno che non sia gli “amorosi” stesso a volerlo, ma non dovrebbe essere per nessuna ragione una scelta obbligata, mossa dall’abitudine, dalla tradizione e dal fatto che l’unica alternativa possibile al bivio già ricordato (matrimonio civile o religioso) è una condizione di quasi clandestinità: la convivenza.

La volontà del rispetto reciproco, questo buono proposito che è necessario dichiarare, deriva dalla legittimazione che il matrimonio conferisce o è componente dell'unione stessa? E' ovvio che è la seconda, altrimenti non ci sarebbe neppure il sentimento che porta due persone a voler stare l’una con l’altra. E allora in cosa differisce la presa reciproca di obblighi e doveri fatta dai DICO?
La parola "matrimonio" dà un valore aggiunto all'amore? E la parola "convivenza" invece la toglie?
Non è un giro di parole e tutto sembra ridursi a questo.

Giulia

lunedì 19 febbraio 2007

Io "dico" sì [atto I]

Premesso che i Dico rappresentano un notevole passo indietro rispetto a quello che si sarebbe concesso attraverso i Pacs e che la strada per introdurre in Italia numerosi diritti civili che altrove sono già regolamentati è ancora molto (molto) lunga, questo compromesso tra laici e cattolici del centro-sinistra, i Dico appunto, anche in virtù del “sempre meglio che niente”, non può che arrivare come una ventata d’aria fresca per i tanti (ma non tantissimi) italiani desiderosi di vivere in una nazione più moderna, un vero toccasana soprattutto dopo la batosta clamorosa subita nel referendum sulla fecondazione assistita.

Persistono però posizioni contrarie a questo provvedimento, accusato di scardinare la famiglia e di porre le fondamenta per la progressiva distruzione della nostra società, che secondo molti sarebbe proprio fondata sulla famiglia, a loro giudizio "sacra ed indivisibile".

Gay Pride a Parigi.

A tal proposito, alcune domande che un laico qualsiasi, anche non particolarmente arrabbiato, si pone di fronte a questo ostracismo messo in campo dalla Chiesa e da alcune frange del centro-destra:

1. Perchè l’allargamento di un diritto suscita così paura in chi quel diritto l’ha già?

2. Perché in Italia si considera come “rivoluzionario” qualcosa che non solo in altri paesi è già stato regolamentato da governi di ogni colore (vedi Aznar in Spagna), ma che già tutti percepiscono come un fenomeno ampiamente diffuso nella società?

3. Perché porre al centro sempre e solo la famiglia e mai l’individuo? Chi decide cosa sia una famiglia? Chi fornisce la sua corretta definizione? Un vescovo o un sociologo?

4. Perché molti difensori della sacralità della famiglia sono divorziati (Casini, Berlusconi)?
Oppure, votano una legge sul precariato che di fatto impedisce di avere quella stabilità economica fondamentale per mettere in piedi una famiglia? (Cdl e Margherita)
Oppure, nonostante siano sposati, fanno i cascamorti in giro come tamarri qualsiasi (Berlusconi)?
Oppure, nonostante si dimostrino favorevoli alla proposta di legge dei Dico, voteranno contro solo per fare un dispetto al governo in carica (Fini)?

Luca Restivo

venerdì 16 febbraio 2007

Io "dico" no

[2 contro 2: il blog di Inchiostro lancia un dibattito sui Dico, la proposta di legge sulle "Dichiarazioni di convivenza" firmata dai ministri Bindi e Pollastrini. In questo primo post, due commenti contrari a questa legge. Nei prossimi giorni, due a favore]

1
Pare che il Governo, dopo mesi di tira e molla nonché accesi dibattiti, sia finalmente giunto ad un accordo sui Pacs, ora chiamati Dico.
Ma, mi chiedo, che necessità c'era di fare una nuova legge? L'Italia, o , meglio, gli Italiani, ne avevano veramente bisogno? Non credo...
Analizziamo le possibilità che si aprono a una coppia (uomo e donna):
1. I due , essendo credenti nella stessa religione, possono ufficializzare la loro unione convolando a nozze religiose.
2. Per diversi motivi (precedenti matrimoni alle spalle, sono di religioni diverse o non sono affatto credenti) gli innamorati optano per le nozze civili.
3. Pur avendo a disposizione le precedenti opzioni, la coppia decide che non ha bisogno di alcun riconoscimento da parte delle autorità religiose piuttosto che civili. E le persone in questa situazione sono veramente tante.
Altro discorso per le coppie omosessuali, a cui, effettivamente, la legge è molto utile.
Ora, a che scopo aggiungere un'ulteriore opzione per sancire dal punto di vista legale delle unioni che, di fatto, hanno già la possibilità, volendo, di vedersi riconosciuti diritti e doveri.
Forse, il nocciolo del problema sta proprio nella parola “sposarsi”, che, oggi, troppo poche persone hanno il coraggio di pronunciare.

Irene Sterpi


2

Il primo passo verso la saggezza è chiamare le cose con il loro nome”, così recita un antico proverbio cinese.
Inutile nasconderlo, il dibattito che ha portato ai DICO nasce dalla necessità di un riconoscimento sociale e burocratico delle coppie omosessuali. Ora, se questa necessità sia vera o presunta, non sta a me deciderlo, e sinceramente non credo nessuno abbia l’autorità per farlo. Possiamo esprimere dei giudizi, il mio può essere negativo, quello altrui positivo, ma non si può gestire la cosa pubblica in base alle credenze di ognuno.
Detto questo, voglio mostrare bene come il mio rifiuto razionale, non ideologico, dei DICO sia dovuto proprio al loro essere disponibili anche alle coppie eterosessuali. Perché si è dovuto giungere ad un ulteriore livello di deresponsabilizzazione della società? Esiste già quell’istituzione ottima che è il matrimonio civile, non vedo perché era necessario crearne una copia scialba e anemica… Solamente perché ormai il termine matrimonio fa paura? Ebbene, il governo deve proprio assecondare questa tendenza in vece di combattere la paura del “sì” con incentivi e incoraggiamenti?
Certo, si è mimato il sistema di regolamentazione delle coppie di fatto di molti paesi europei, ad esempio il paradigma francese (senza tener conto però di come la Francia non sia l’Italia, e la Francia abbia risolto altri problemi prima di occuparsi delle coppie di fatto), dimenticando però che l’Italia è diversa dal più dei paesi europei. E dimenticando che alcuni paesi europei hanno risolto la questione introducendo riconoscimenti particolari unicamente per le coppie omosessuali.
E’ necessario tenere presente il peso del Vaticano nelle questioni politiche italiane: la durissima reazione ecclesiastica ai DICO forse mostra come si siano accorti (tardi) dell’errore compiuto. Certo, che la Chiesa benedisse le unioni omosessuali era fuori luogo, e mi permetterei anche di dire giustamente fuori luogo, tuttavia avrebbe potuto mostrarsi indifferente agli aspetti socio-burocratici, e invece osteggiando apertamente, su tutti i fronti, il riconoscimento di tali unioni, si è trovata complice nella genesi di qualcosa che (almeno nei suoi presupposti teorici) rischia veramente di minare la società e la famiglia.
Se si cercava un riconoscimento delle coppie omosessuali, si è arrivati piuttosto ad una constatazione. I problemi di eredità e altre questioni giuridiche potevano, con un po’ di accortezza, essere risolte negli studi notarili con i mezzi preesistenti.
Cosa quindi? Uno spreco di burocrazia che affronta senza risolverlo il problema da cui era scaturito, e che tenta di stuccare i casi particolari delle relazioni umane.
Evidentemente i politici non conoscono il rasoio impugnato da Guglielmo di Ockham: entia non sunt multiplicanda sine necessitate. Cioè, non bisogna moltiplicare gli enti al di là del necessario.

Tommaso Bertolotti

giovedì 15 febbraio 2007

Brigate rosse e amnesie generazionali

[Il blog di Inchiostro è lieto di ospitare un post di Vincenzo Andraous]

Sono tempi che non consentono cadute all’indietro, vuoti di memoria, amnesie culturali e generazionali.Rivoluzione e brigate rosse, risoluzioni e comunicati. Tanti anni fa esisteva il ruggito proletario che mieteva vittime e speranze all’insegna di un ipnotismo collettivo, sì, delirante, ma anche condiviso dalle masse più influenzabili, lacerate da aspettative disattese. Un brigatismo forgiato nelle scuole, nelle fabbriche, nelle periferie dimenticate. Persino nelle celle di un carcere si esorcizzava la paura della sconfitta, dubitosa all’inizio, più certa nel corso della battaglia. Anche nella libertà perduta l’assolutismo ottuso era vinto nell’alcol delle parole, degli slogans inebetiti e inebetenti, nei volti inchiodati alle sbarre delle finestre, in attesa di una liberazione che non sarebbe mai avvenuta. Era l’utopia a fare da conduttrice ai sentimenti, a fare da maschera alle proprie inadeguatezze.

Questi tempi odierni sono diversi, non solo sono cambiate le condizioni per gli inarrestabili mutamenti intervenuti, soprattutto sono cambiati gli uomini, le persone, le generazioni. Queste nuove brigate rosse, questi nuovi avamposti del ferro e del fuoco, fanno intravedere una simbiosi scombinata di ben altra realtà.
Si è parlato molto delle babygang, di come fanno o meglio pensano di fare collettivo, di come recintano un’area dove tutto può essere condiviso. Giovani perbene perché finanziariamente approvvigionati, giovani con poche monete nelle tasche, ma tutti disagiati, perchè senza idee, sprovvisti di tecniche dialettiche e politiche, di estremismi pseudo-solidali.



Il presunto terrorista che oggi si presenta sul palcoscenico nazionale, è qualcuno che ha perso il suo tempo, che veste abiti mentali vetusti e tarlati da un decennio di vita a vivere, e non di vita da combattere a tutti i costi. E’ qualcuno, sì, fornito di cultura, di nozioni tecniche economiche, ma solo in apparenza è un conduttore autorevole, perché nonostante il suo carico di terrore, di metriche logorroiche, tradisce la propria identità di educatore di anime delittuosamente ingenue, di anime purtroppo già derelitte e sconfitte. E’ qualcuno che tradisce una identità non libera né liberante, che non possiede edificio da ricostruire sulle ceneri del passato, proprio perché chi rifiuta le scelte, tutte, in blocco, non conosce libertà, né può essersi mai sentito un uomo libero.

Allora, e con sorpresa, non ci sono solamente le babygang a scorrazzare sulle strade, c’è un nuovo soggetto che irrompe nella nostra società, sparuto gruppo dell’ultima fila, ospiti fissi dei rifugi del comodo silenzio, interrotto dalla frazione di uno sparo, attori inconsapevoli della propria patologia di Peter Pan, confermata nelle miserie esistenziali di uomini infantilizzati dal disimpegno, dal rifiuto del dialogo, del confronto.

Uomini sempre più soli, destinati al macero, come le parole rubate sui libri di storia, distorte fino a farle diventare replicanti di se stesse, in un remake degli anni di piombo, che nessuno vorrà rivedere.

Mai più.

mercoledì 14 febbraio 2007

Uniti per la libertà d'espressione insieme a Abdul Kareem Nabeel Suleiman

Avete 22 anni, studiate all' Università e avete un blog, in cui magari parlate di politica e religione, criticandoli: situazione apparentemente normalissima.

Apparentemente... In Egitto non lo è. Abdul Kareem Nabeel Suleiman, 22 anni, studente alla facoltà di Legge dell' Università "Al Azhar", è stato arrestato per aver "diffuso informazioni e dicerie dannose per la sicurezza pubblica", diffamando il presidente egiziano, per "incitamento alla sovversione del regime basandosi sull'odio e sul disprezzo", per "incitamento all'odio dell' islam" e altro.

Proprio lui che, come si può leggere dal profilo del suo blog, vorrebbe battersi contro tutte le forme di discriminazione, in favore dei diritti umani e delle donne arabe e musulmane. Aveva iniziato semplicemente, con lo stesso mezzo utilizzato da miliardi di persone al mondo: Internet. Aveva capito le potenzialità della rete e purtroppo anche le autorità hanno interpretato questo potenziale come sovversivo, tanto da far arrestare uno studente.

Doppia fregatura per lo stato egiziano: hanno lasciato il blog lì dov'è, a disposizione di tutti coloro che capiscono l'arabo, e hanno fatto un'altra figuraccia, arrestando un giovane inerme e incolpevole e trasgredendo l' articolo 19 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (visibile a questo sito) e gli articoli 18 e 19 della Dichiarazione internazionale dei diritti umani.
L'azione svolta dallo stato egiziano è un duro colpo alla democrazia che si muove su internet e un duro colpo a un giovane che si attiva per un miglioramento della società.

A noi non resta che muoverci per la liberazione di Abdul Kareem Nabeel Suleiman tramite in mezzi che la rete ci fornisce: qui troviamo la petizione che sarà inviata al ministro degli Interni egiziano, all'ambasciatore egiziano negli Stati Uniti e a quello americano in Egitto chiedendo la scarcerazione del ragazzo, e qui possiamo firmarla. Possiamo contribuire alla liberazione di uno studente come noi, che si batte per gli ideali in cui crede, e possiamo contribuire a salvaguardare la libertà di parola.

"I look forward to help humanity against all form of discriminations. I am currently studying Law in Al Azhar University. I am looking forward to open up my own human rights activists Law firm, which will include other lawyers who share the same views. Our main goal is to defend the rights of Muslim and Arabic women against all form of discrimination and to stop violent crimes committed on a daily basis in these countries."

Per saperne di più
Comunicato stampa di 'Reporters sans frontières'

Ritorno al futuro

Come se le curve degli stadi italiani in mano all'estrema destra non creassero un clima di violenza sufficiente, ora ci mettono pure le brigate rosse...


A leggere i giornali di oggi, a sentire certi termini, certi progetti, certi slogan, viene uno strano dubbio, che nemmeno la data stampata in cima ad ogni pagina riesce a dipanare del tutto: ma in che anno siamo? nel 2007 o nel 1977?


Nel suo blog Beppe Grillo propone che, per cambiare le cose, bisognerebebbe resettare la società e ripartire da capo.

Più modestamente credo che basterebbe tornare al futuro dal quale, negli ultimi anni, abbiamo preso leggermente le distanze...







martedì 13 febbraio 2007

Barbari vs Pop

A “le invasioni barbariche” in onda su la 7 la scorsa settimana il popolo italiano collegato ha potuto godere uno spettacolo inquietante…

Ospiti della Bignardi: tre rappresentanti della classe intellettuale e due rappresentati della cultura pop. Inutile dire che nonostante l’inferiorità numerica a trionfare sono stati i pop capitanati da un’agguerrita Alba Parietti, più dorata del sarcofago di Tutankamon.

Inutile dire che la vittoria è dovuta a demerito degli avversari.

Il confronto avrebbe dovuto vertere su un problema assai interessante e potenzialmente ricco di spunti di riflessione che ovviamente nessuno ha pensato di cogliere, ovvero il rapporto fra intellettuali e cultura pop.

Uno di questi signori intellettuali ha scritto un libro in cui narra la sua esperienza d’intellettuale fra la gente, e descrive il suo tentativo di rendersi partecipe della vita dell’80% degli Italiani: facendo sosta all’autogrill, portando la figlia a Mirabilandia…

Un giovane intellettuale, figlio illegittimo di Woody Allen e Nanni Moretti, ha dovuto rivivere l’esperimento del collega per poi esporre la sua esperienza di sopravvissuto in trasmissione.

Commovente è lo smarrimento di questi due intellettuali nostrani che raccontano la loro prima volta nella vacua vita quotidiana di milioni di loro connazionali, con ripugnanza mista ad attrazione o sola ripugnanza: “Ho portato mia figlia a Mirabilandia.E’ stata un’esperienza strana mistica.” “Ho passato un pomeriggio in un centro commerciale, stavo per morire”.La figura dei barbari nel programma della cara Daria l’hanno fatta proprio i nostri forbiti intellettuali. Barbari nel significato originario di questa parola, usata dagli antichi Greci per indicare con disprezzo chi non parlava la loro bella lingua.I nostri forbiti intellettuali sono sembrati barbari agli italiani vanno a vedere il film di De Sica ogni Natale per divertirsi, e sono tanti.La ragionevolezza per loro parlava con il canotto, pardon la bocca della Parietti: “Arrivi al fine settimana sei stanco e stressato per il lavoro, vai al centro commerciale e ti sembra di essere in paradiso”.

Ogni società ha gli intellettuali che le convengono e se la società è in preda a convulsioni o malata o arretrata, i gruppi intellettuali non possono non risentirne.

Norberto Bobbio, in un suo saggio di scottante attualità “politica e cultura”, elenca vari tipi d’atteggiamento che gli intellettuali assumono nei confronti della società. Quello scelto oggi dai nostri sembra essere il primo atteggiamento, che si può designare con la formula di Romain Rolland: al di sopra della mischia. Consiste nell’assistere alla lacerazione della società in fazioni con un senso di orrore e di vergogna. Il compito dell’intellettuale, custode della verità, è di non lasciarsi contaminare dalle passioni che accecano i contendenti, e di guardare dall’alto il campo di battaglia nella attesa della pace o della tregua che gli permetta di scendere dal piedistallo e di mescolarsi tra la folla con animo puro.

Quando la Bignardi ha presentato l’argomento della discussione anche se stavo per andare ad ascoltare "il barbiere di Siviglia" per riprendermi dall’intervista a Lucia Annunziata mi sono fermata ed ero piena di speranze ed entusiasmo all’idea del dibattito che sarebbe potuto nascere.

Le mie speranze sono state prontamente deluse.Ma a 20 anni è normale rimanere delusi.

I nostri intellettuali si interroghino seriamente su cosa sta succedendo alla nostra società che sembra non saper porre un limite alla sua degenerazione e involuzione e soprattutto propongano dei rimedi. Imparino a parlare anche all’operaio Fiat che guadagna €500 al mese e si diverte ad andare a ballare in una balera il sabato sera.

Infine Daria, la prossima volta non sacrificare il tempo disponibile per queste discussioni alle cerette dell’Annunziata…ti prego.

Figaro su Figaro giù Figaro qua Figaro là…

Virginia Intorcia

L'impaziente inglese

da www.tgcom.it (e da mille altre fonti) una notizia in vista di San Valentino...

Sesso ad alta quota per il 44enne Ralph Fiennes, che avrebbe avuto un piccante incontro con una hostess nella toilette di un aereo della Quantas. L'attore inglese, protagonista di "Schindler's List" e "Il paziente inglese", avrebbe sedotto Lisa Robertson, 38 anni, durante un volo dall'Australia all'India. La Robertson è stata poi sospesa per aver violato il codice di comportamento imposto dalla compagnia aerea.


C'è chi ama la tradizione delle lenzuola e chi, invece, è sempre a caccia di forti emozioni. Fiennes sembrerebbe far parte del secondo gruppo. In barba a chi ha paura di volare, con gran rilassatezza e senza dare troppo nell'occhio l'attore, come riferisce il Mail on Sunday, avrebbe seguito l'hostess fino alla toilette e, tra vuoti d'aria e virate, si sarebbe regalato un po' di minuti decisamente eccitanti.

Pur non scendendo in dettagli bollenti, a spiegare come sarebbe andata è la stessa Lisa: "Il signor Fiennes mi ha rivolto delle effusioni e, dopo un certo lasso di tempo, l'ho convinto a lasciare il bagno. Cosa che ha fatto. Dopo un po' sono uscita anche io dal bagno". Alla Robertson l'incontro galante rischia di costare il licenziamento, ma evidentemente dev'esserne valsa la pena.

Davvero impaziente il signro Fiennes...

lunedì 12 febbraio 2007

Sulla "Giornata della memoria"

Il 10 febbraio è stata la “Giornata del Ricordo dei martiri delle foibe e degli esuli istriani, giuliani e dalmati"

Già dal nome si capisce che la verità sulla questione, l'orrore che vi si nasconde, è ancora lontana dall'essere ammessa .Cominciamo dai fatti.
Nel corso degli anni 30 e 40, lo Stato Italiano, il Fascismo, ma tutto lo Stato Maggiore dell'Esercito, Carabinieri compresi, si sono adoperati attivamente a compiere una PULIZIA ETNICA nelle terre venete dei Balcani e dell'Adriatico.Centinaia di migliaia di persone, comprese donne e bambini, sono stati internati per il fatto di avere un cognome Istriano, e di non sentirsi "italiani".
Essi erano sempre stati veneti da molti secoli, e non aveva nessuna importanza il cognome dato che i veneti lì sono sempre stati naturalmente mescolati con gli slavi che provenivano dall'entroterra.Così essi furono internati e massacrati con un sistema che a paragone i campi di concetramento nazisti erano alberghi.

Una parte, piccola, di documenti possono essere reperiti in internet, in particolare nel sito www.criminidiguerra.it/Circa 800 sono stati i criminali di guerra italiani che hanno compiuto abominevoli massacri, ma che non furono processati per il veto degli alleati.Ecco che dagli spot televisivi e dal nome dato alla ricorrenza si palesa che chi ha compiuto i massacri, gli italiani, cercano ancora oggi di mistificare i fatti.
La Jugoslavia ha domandato la loro condanna fino alla fine della sua esistenza, avendo il veto dell'ONU.
Ecco perché gli slavi-titini infoibarono, anche loro con l'obbiettivo di attuare una pulizia etnica, questa volta ai danni dei non slavi, ossia sempre veneti, quelli che sempre erano vissuti lì da secoli e che hanno costruito quelle meravigliose città che fanno oggi di Istria e Dalmatia dei attrattori di turismo.Anche loro un pochino slavi ma non del tutto, ma nemmeno italiani, in realtà né l'uno né l'altro, erano veneti.

Ora, io piango quei morti, e le centinaia di migliaia di veneti costretti a scappare ora dagli italiani, ora dagli slavi.Tutto ciò seguiva l'occupazione abusiva delle terre venete da parte di potenze straniere, nella parte Italiani furono fatti emigrare milioni di persone in 20 anni con un indebitamento e una usura di stato italiano, e subito dopo la pulizia si estese alla Venetia Balcanica.Vedo arrivare il momento in cui questi fatti verranno riconosciuti come il "genocidio del popolo veneto", verrà riconosciuto da tutti come il massacro di un popolo da parte di potenze straniere per impossessarsi delle sue meraviglie economiche, artistiche, e per distruggere il suo modello sociale unico al mondo.Nell'attesa, un ricordo i milioni di morti, internati, ammazzati, deportati, profughi.

La redazione

sabato 10 febbraio 2007

Nuove grane per gli studenti universitari



Colpi sotto la cintura

[Il blog di Inchiostro è lieto di ospitare un post di Vincenzo Andraous]
In questi giorni si sprecano lacrime, accuse, opzioni più o meno ardite per fare Giustizia di un accadimento tragico, culminato con la morte di un uomo.
Ucciso a margine di una partita di pallone, volutamente a margine, per significare la distanza che ormai intercorre tra il gioco e la realtà che incombe.

Per dare senso a questa morte non c’è bisogno di andare a parare nelle scienze sociali, nelle violenze di altre epoche: ove la civilizzazione è più alta, più è certa la tragedia dietro l’angolo.
Se di disagio si tratta, non è certamente riconducibile alle regioni dello stivale basso, per intenderci quelle dal reddito iniquo, infatti quanto ha investito Catania, non è associabile al solito luogo comune del sud mafioso, contaminato dalle organizzazioni criminali, perché i morti ammazzati ci sono stati a Catania, come a Milano , Genova, Roma e Ascoli.
Ci si ostina a quantificare i commandos spaccaossa a pochi sparuti gruppi di criminali, per cui basterebbe poco per renderli inoffensivi.

Anche questa disamina appare una sorta di sociologia spicciola, è vuoto il calice della conoscenza di fronte a un uomo disteso sul selciato, riverso con gli occhi increduli sulla lacerazione inferta all’umanità.

Forse per avvicinare una soluzione occorre chiederci perché le famiglie non frequentano più lo stadio, mentre i loro figli ne riempiono le biglietterie.
Forse occorre osservare meglio dentro il nucleo famigliare, dove i grandi corrono e i più giovani si ingozzano al Mcdonald, e domandarci se coloro che hanno scatenato quell’intifada nostrana, non siano invece residuati di una diseducazione reiterata ottusamente, a partire dallo spinello che fa gruppo ed è cosa assai normale, dall’andare in tre sul motorino impennato senza casco, all’abbandono della scuola per coma etilico, alla partecipazione al branco cittadino, a quello periferico, nei pugni dati senza rumore, per strappare il telefonino o altro.



I disordini di Catania

Occorre il castigo esemplare, come ha sentenziato qualcuno, ma forse è anche necessario ritrovare abitudine alla fatica della spiegazione, abitudine al dovere dell’educare, abitudine a raccogliere i cocci, per non dover fare i conti con la furbizia come valore assunto a norma, soprattutto nei tanti giovani ridotti a isole solitarie, che preferiscono rimanere inglobati nelle truppe d’assalto allo stadio.

Idioti culturali li hanno denominati, ma in quella piazza a Catania tra figli di papà, figli di mammà, e figli di ndrocchia, si è sottoscritto un crudo epitaffio, che non può e non deve essere ascritto ipocritamente alla inefficacia delle istituzioni, alla inefficienza delle agenzie di controllo, allo Stato supino, per una volta sarebbe bene fare leva sull’uso improprio delle parole perpetrato intorno alle nostre tavole, mentre ci addormentiamo nelle nostre sicurezze vane, in fin dei conti ai nostri figli non potrà succedere mai, perché sono quelli degli altri a prendere a sassate la vita di un uomo.

venerdì 9 febbraio 2007

Heineken Jammin Festival 2007


Sono usciti gli artisti principali e le date del prossimo Heineken Jammin Festival che contrariamente a quello successo negli ultimi 9 anni non sarà più ad Imola (Bo) ma a Parco San Giuliano, Venezia.
  • Gio 14/06: Iron Maiden + Slayer + Papa Roach

  • Ven 15/06: Pearl Jam + Linkin Park + The Killers

  • Sab 16/06: Aerosmith + Smashing Pumpkings + Incobus

  • Dom 17/06: Vasco Rossi + J-Ax

Per maggiori info: http://www.heineken.it/hjf/

Aerosmith


Postilla personale e del tutto superflua al vostro umore: lo scrivente, che abita a Imola, è quasi collassato al vedere il cast di quest'anno e pensare che, fino all'anno prima, poteva sentire il concerto (a gratis) dal proprio balcone.

giovedì 8 febbraio 2007

Quella malandrina della Melandri

Personalmente, non ritengo di primaria importanza nè per me nè tantomeno per la vita della nazione sapere come i ministri dell'attuale Governo o del Parlmaneto passino il loro tempo libero.


Che partecipino a raffinati cineforum o si sballino nella sala Titilla del Cocoricò poco cambia: sarà qualunquismo, ma nel tempo libero sono liberi di fare tutto quello che vogliono, nei limiti delle leggi che essi stessi emandano, of course.


Quindi, che il ministro allo sport Giovanna Melandri abbia passato il capodanno in casa Briatore in quel del Kenya (come se là non avessero abbastanza problemi... ci voleva anche Briatore?!?!?) sono solo fatti suoi e tali dovrebbero restare.


Diventano però anche "nostri" nel momento in cui un ministro della Repubblica giura e spergiura (con tanto di lettere ai giornali) di non essere andato là, quando in realtà prove fotografiche dimostrano l'esatto contrario.



Foto tratta da "Chi"

Ora, chiedere le dimissioni per una cosa del genere mi parrebbe alquanto eccessivo, per quanto sia facile controbattere che in America (vero Clinton?) un politico colto così in castagna come minimo finisce a fare l'assessore comunale (se gli va bene) o il marito del prossimo presidente (se gli va male, moooolto male).

Ma, a onor del vero, di "balle" in questi ultimi anni ne abbiamo digerite talmente tante che in fondo quella della Melandri è davvero poca cosa.
Senza contare che, dopo i fatti di Catania, spero proprio che per il ministro dello sport questa vicenda sia l'ultimo dei problemi (ma non credo).

Propongo quindi una soluzione drastica alla vicenda: la signora Melandri dovrà annunciare che passerà le prossime vacanze estive nel panfilo di Briatore al largo di Porto Cervo, ma in realtà sarà costretta (pena esclusione dall'esecutivo) a trascorrere la prima quindicina di Agosto a Capalbio senza possibilità di fuga, dove ogni sera dovrà assistere in prima fila ad un dibattito sull'imminente nascita del Partito Democratico condotto da Lucia Annunziata e con Gavino Angius e Lusetti come ospiti fissi.

D'altronde, qual'è il proverbio? Capodanno con chi vuoi, Agosto con i tuoi...




Bloggate gente, bloggate!

Pavia (università) - Ieri sera giovani studenti creativi hanno dato vita a uno spazio di idee e confronti. Un nuovo blog infatti è stato realizzato dai ragazzi di Inchiostro, il giornale degli studenti dell'Università di Pavia. Nulla di nuovo, penseranno i nostri lettori. Ormai, da qualche tempo a questa parte, infatti, quasi ogni persona fornita di un personal computer possiede un suo diario on-line. "Ma questo non è un blog normale", sostengono i collaboratori del giornalino, "è piuttosto un'appendice del nostro giornale, nella quale trovano spazio, oltre ai temi di attualità, gli articoli che non hanno trovato spazio nella versione cartacea, le questioni e i problemi legati alla nostra università, una serie di link e informazioni utili, l'ultimo numero del giornale e molto altro ancora". L'obiettivo è quello di dare potere alle parole degli studenti universitari che desiderano discutere le proprie opinioni, confrontarsi, approfondire temi e argomenti. Rimane solo una cosa da dire: bloggate gente, bloggate!